Il movimento “New Topographics”

New Topographics”: Cos’è e perché ancora se ne parla?

È ormai considerata una tappa cruciale nella storia dell’arte visiva: la nascita e lo svilupparsi del movimento “New Topographics

La tensione tra lo scenario naturale e le costruzioni mondane.

Oggi parliamo di questo movimento, che ha ridefinito il modo in cui vediamo il paesaggio e la città; che è, mai come adesso, attuale.

L’inizio di questa storia risale agli anni ’70, in risposta al crescente impatto umano sull’ambiente naturale ora ‘costruito’.

A portare avanti la necessità di modificare e indagare questo connubio di umano e naturale, di spazi aperti e costruzioni dall’aspetto industriale, sono fotografi come Robert Adams, Lewis Baltz, Stephen Shore.

Si inizia a documentare l’ambiente circostante con uno sguardo critico e neutrale.

Questi autori vogliono rappresentare il paesaggio in maniera oggettiva, seguendo uno stile fotografico documentario; gli artisti vogliono scomparire dietro l’obiettivo, non portare niente di sé di fronte di esso.

Ecco allora che emergono scatti privi di ideologie, di forti messaggi nettamente rappresentati, di livelli di narrazione forniti dalla mano artistica del fotografo. 

Il nome, per nulla banale e adesso simbolo di un intero genere fotografico, ha origine in una mostra fotografica che, col senno di poi, modifica il corso della fotografia contemporanea – andando a creare una vera e propria legacy: “New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape” tenutasi presso il George Eastman House nel 1975, curata da William Jenkins.

Pagine interne del catalogo: “The New Topographics”

Il New Topographics si sviluppa rapidamente in un movimento che abbraccia una varietà di stili e approcci.

Sebbene il movimento sia inizialmente focalizzato sul paesaggio urbano e suburbano degli Stati Uniti, si espande per includere una serie di temi e luoghi.

Ad esempio, Lewis Baltz documenta la sterilità dei parcheggi industriali, mentre Robert Adams si concentra sulla presenza umana in ambienti naturali.

Non solo: entra in gioco la fotografia a colori.

Un elemento chiave di questo movimento è l’uso della fotografia a colori, spesso associata alla fotografia in bianco e nero.

Questo approccio dà una nuova prospettiva alla fotografia documentaria, enfatizzando la sua oggettività.

A questo punto, è probabilmente indispensabile citare Stephen Shore, uno dei maestri nella fotografia a colori, quando questa non era ancora ampiamente accettata nell’arte fotografica.

Pochi come Shore hanno contribuito a rivoluzionare il modo in cui il colore è stato utilizzato nella fotografia d’arte, dimostrando che poteva essere altrettanto significativo e artistico al pari del bianco e nero.

Il suo approccio alla documentazione della vita quotidiana e al rapporto tra l’individuo e il suo ambiente ha ispirato generazioni di artisti.

La sua fotografia paesaggistica, totalmente in linea con il movimento “New Topographics” (di cui è, d’altronde, uno dei pionieri) ha contribuito a spostare l’attenzione dalla bellezza naturale, ai dettagli della vita quotidiana e all’ambiente costruito.

Infine, come non citare i coniugi Bernd e Hilla Becher!

I due fotografi tedeschi, coppia nella vita e sul lavoro, sono noti per il loro lavoro sulla documentazione di strutture industriali e architettoniche.

I Becher sviluppano un approccio distante ed obiettivo rispetto alla fotografia.

In maniera rigorosamente documentaristica, utilizzano una tecnica di ripresa del tutto frontale e una composizione, anche all’occhio dei più inesperti, davvero rigorosa.

Catturano le strane forme delle strutture industriali, così come visibili ad occhio nudo.

Siamo molto lontani dalla fotografia romantica e i soggetti vengono trovati nelle torri di raffreddamento, nei serbatoi d’acqua – nonché nelle fabbriche che, sempre più e ormai in modo definitivo, raffiguravano il paesaggio quotidiano di moltissime persone.

Anche nella messa in scena, nell’organizzazione delle opere, la parola d’ordine è rigore.

A colpo d’occhio, l’opera fotografica della coppia Becher può somigliare a un catalogo di strutture industriali.

E ora, un consiglio o due su

Cosa LEGGERE o GUARDARE relativamente alla “New Topographics”

  • “New Topographics” (1975) > è il catalogo della mostra fotografica che ha sancito l’inizio dell’interno movimento: pubblicato in occasione della mostra d’arte fotografica presso il George Eastman House, presenta il lavoro di tutti i fotografi principali del movimento e rappresenta un punto di partenza ideale per esplorare il New Topographics
  • “Stephen Shore: Uncommon Places” (1982) > questo libro presenta una selezione delle immagini di Stephen Shore, offrendo uno sguardo unico sulla vita quotidiana negli Stati Uniti negli anni ’70
  • “The New West” (1974) di Robert Adams > questo volume include fotografie di Adams che ritraggono l’Ovest americano, evidenziando la tensione tra la natura e la presenza umana

Il movimento “New Topographics” ha lasciato un’impronta duratura nella fotografia contemporanea, spingendo i fotografi a esplorare nuove prospettive sulla relazione tra l’uomo e il suo ambiente.

Con una documentazione obiettiva e una sensibilità unica, i fotografi di questo movimento hanno aperto nuove strade nella fotografia contemporanea e hanno influenzato generazioni di artisti successivi.


Infine, non può mancare una piccola digressione!

Indagare i motivi per cui il movimento “New Topographics” è piaciuto e piace ancora tanto è difficile, quantomeno in questa sede.

È probabile che, nel suo essere una fotografia di tipo documentario, possiamo dire anti-romantica per eccellenza, in fondo, va a romanticizzare — o meglio, a palesare — quei paesaggi ormai quotidiani e di contesto comprensibile ai più.

È vero anche che, forse per questo stesso motivo, può capitare di ricevere occhiate confuse, un po’ di sdegno, di fronte all’opera dell’uomo che, così radicalmente, sconvolge il paesaggio.

Eppure, è innegabile: di opera dell’uomo, ne è pieno il mondo.

È molto meno raro ritrovarsi davanti a un paesaggio “New Topographics“, che ad uno incontaminato.

Qui, secondo noi, nessuno avrà nulla da ridire.

Per i coniugi Becher, che a loro volta hanno fatto scuola in Germania – formando autori come Andreas Gursky, Candida Höfer, Thomas Ruff o Thomas Struth – il rigore è elemento costitutivo dell’opera d’arte a sé.

Per Shore c’è innegabilmente della poesia nel nostro quotidiano. Di fatto, a Shore, il banale interessa proprio in quanto connaturato d’arte: trovare arte nel quotidiano non solo è una possibilità, ma è anche una sfida.

To see something spectacular and recognise it as a photographic possibility is not making a very big leap. But to see something ordinary, something you’d see every day, and recognize it as a photographic possibility – that is what I am interested in.

“Stephen Shore’s best shot” by Leo Benedictus, http://www.theguardian.com. September 26, 2007. 

La vista, in questo senso, è sotto ai nostri occhi.

Il movimento “New Topographics“, con il senno di poi, spinge l’occhio a vedere dove l’arte non c’è (e dove non è assolutamente detto che non ci sia).

Concentra lo sguardo, ammette il proprio focus – le piccole cose, la vita quotidiana, lo strano incastro di forme e paesaggi.

Se non per perseguire l’arte del movimento come stile di vita (cosa che, alcuni dei pionieri citati, hanno fatto), quantomeno l’input deve essere quello della pratica, dell’analisi, della concentrazione.

Scattare una foto ragionando, senza inventar scuse sulla mancanza di soggetti a disposizione: ecco, questo è sicuramente uno spunto.

Ve l’avevamo detto che il “New Topographics” era più attuale che mai.

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Vienici a trovare al prossimo incontro e parliamone insieme!

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