Testi mostra In-Camera

TRAiCOCCI 2025

Federica Nannini – ASSENZE SILENZIOSE

Nel mondo contemporaneo, l’iperconnessione sembra essere l’elemento che unisce ogni individuo, ma nonostante questa apparente vicinanza, molti giovani vivono in una condizione di solitudine emotiva.

“Assenze Silenziose” è un progetto fotografico che esplora questo paradosso attraverso la rappresentazione delle aule di una scuola superiore, luoghi un tempo carichi di voci,risate e chiacchiere, ma ora immersi in un silenzio che sembra raccontare più di mille parole.

Le fotografie si concentrano sugli spazi vuoti, sugli oggetti lasciati in disordine sui banchi, sui libri abbandonati, sulle matite spezzate, sulle sedie leggermente spostate, come se qualcuno fosse appena passato, ma non ci fosse più. Ogni immagine è un’istantanea che suggerisce la presenza dei ragazzi senza mostrarli mai direttamente. I dettagli come un auricolare poggiato su un banco, una bottiglia d’acqua dimenticata o il riflesso di una luce che attraversa una finestra chiusa diventano simboli di un’interazione che, purtroppo, è più superficiale che profonda.

Il progetto vuole far emergere una riflessione sul vuoto interiore che molti giovani sperimentano, nonostante siano costantemente connessi tra loro attraverso dispositivi tecnologici. La scuola, luogo di crescita e apprendimento, appare come un ambiente spoglio, dove le tracce della presenza umana si misurano solo attraverso gli oggetti, ma non attraverso il confronto e la relazione autentica.

“Assenze Silenziose” non si limita a raccontare un vuoto fisico, ma intende evocare una sensazione più profonda: quella di una generazione che, pur avendo accesso a un’infinità di canali e comunicazioni, spesso si trova intrappolata in una solitudine che è difficile da esprimere a parole. Ogni fotografia è un’eco di quella distanza invisibile, di una connessione che non riesce a colmare il bisogno di vicinanza emotiva e di confronto autentico.

Le immagini non sono solo una testimonianza di un’assenza, ma un invito a riflettere sul presente dei giovani, sulle sfide che affrontano nel tentativo di trovare un equilibrio tra la virtualità delle loro relazioni e la ricerca di un contatto umano sincero, vero.

Kateryna Ostapiuk – IN-UFFICIO

Ogni luogo custodisce una storia, trascritta in un modo o nell’altro.

Anche un ufficio può nascondere qualcosa dietro la sua utilità quotidiana. 

Non è soltanto un punto di incontro tra persone diverse, con varie sensibilità e stati d’animo: fragili, arrabbiati, spaventosi o anche impazienti, talvolta semplicemente in cerca di ascolto.

In questi spazi chiunque sta cercando un posto sereno, accogliente e molto caldo, quasi come se fosse la propria casa. Purtroppo, non tutti gli uffici riescono a trasmettere queste aspettative.

Eppure, in ogni angolo e in ogni oggetto, si possono leggere le tracce delle vite che vi sono passate, in diversi momenti della loro vita.

Senza la presenza dei cittadini, l’ufficio si trasforma in uno spazio vuoto, silenzioso e più malinconico di prima, rappresentando una profonda solitudine emotiva.

Nel progetto fotografico IN-UFFICIO si vuole raccontare la quotidianità di un ambiente, osservato dallo sguardo del dipendente che lo vive ogni giorno e che lo percepisce in modo del tutto diverso rispetto agli utenti.

Valentina Guardigli – Tina e Frida

Casa sono le mie coinquiline: Tina e Frida.

Un giorno mi sono chiesta come vedono le nostre stanze, come si muovono e abitano questo spazio che per me è quotidiano, ma che per loro è un piccolo universo da esplorare.

Ho provato a immedesimarmi nel loro sguardo, abbassandomi fino alla loro altezza, a pochi centimetri dal pavimento. Una prospettiva inusuale per me, ma profondamente familiare a loro. Da lì, la casa ha cambiato volto: linee che si allungano, luci che si riflettono, contrasti inattesi, angoli silenziosi che non avevo mai davvero osservato.

Attraverso i loro occhi ho scoperto nuove geometrie e una poesia nascosta nelle cose semplici. E così, grazie a Tina e Frida, casa è diventata ancora più casa: un luogo più intimo, più vivo, più nostro.

Andrea Marabini – REBIS

In Alchimia, Re – bis è un termine usato per indicare l’esito di un matrimonio chimico, mentre dal punto di vista filosofico (in particolare per la corrente neoplatonica), realizzare il Re – bis significa approdare a Dio, concepito come unione degli opposti; l’Uno che costantemente crea e comprende in sé il molteplice.

Come previsto dalla Carta costituzionale, il comune di Ravenna è l’Ente locale che amministra il territorio della città e delle zone limitrofe; amministrativamente, si compone di varie aree, tra cui un’area dedicata all’infanzia, all’istruzione e ai giovani. L’edificio che ospita quest’ultima area è sito a Ravenna, in via d’Azeglio, 2 e, per vari motivi –in particolare perché ci lavoro- mi ci reco abitualmente.

Il rapporto con il mio lavoro è contrastante, a volte di grande passione ed entusiasmo, a volte quasi di odio, viscerale e percepito in tutte le membra del corpo; nel mezzo tutte le accezioni possibili e immaginabili. Di conseguenza amo, odio ecc. ecc. anche il luogo che ci ospita (me e il mio lavoro).

Nel momento in cui ho incominciato a figurarmi il progetto e a realizzarlo, il rapporto tendeva verso il polo negativo, ma non potevo permettermi di trascinare questa situazione troppo a lungo, dovevo trovare qualcosa di bello nel lavoro che svolgevo quotidianamente; così ho cominciato a guardarmi intorno e ho scelto di iniziare dal luogo di lavoro.

Mi sono recato nell’edificio in cui lavoro quotidianamente anche nei giorni festivi, quando non vi era nessuno e con uno stato d’animo differente, cercando di vedere lo stesso luogo da due prospettive diverse, praticamente opposte.

Inizialmente è stato traumatico, ma poi catartico e anche rivoluzionario (tale addirittura da rivalutare il mio lavoro quotidiano). Alla fine, mi sono reso conto che -per me- la fotografia non mostra la bellezza dove è palese, piuttosto aiuta a portarla alla luce dove apparentemente non se ne scova traccia; l’unione degli opposti che costantemente crea e comprende in sé il molteplice.

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